Pubblicazione nata nel 2025 con il progetto POC "Curiamo le nostre scelte"-

Pubblicazione nata nel 2025 con il progetto POC "Curiamo le nostre scelte" ESPERTO: Prof. Lorenzo RUGGIERO TUTOR: Prof. Alessandro DISTRADIS

giovedì 27 novembre 2025

Lotta alla Violenza contro le donne, la testimonianza di Francesca Marrazzo nell’auditorium Del Prete–Falcone

di Francesca Albano, Giuseppe Frascella, Sofia Dell’Aglio




Il 24 novembre, nella sede centrale dell’IISS Del Prete-Falcone, alcune classi hanno partecipato ad un incontro sul ricorrente tema della violenza di genere, analizzandolo dal punto di vista di una figura professionale ed esperta nel settore.
La relatrice, Francesca Marrazzo, è infatti operatrice del centro antiviolenza “Sostegno donna” di Manduria, ma anche sociologa del crimine e delle devianze: ci ha offerto spunti di riflessione profonda.
Diversi studenti hanno posto delle domande riguardo alle possibili soluzioni al fenomeno drammatico sul quale i media sono sempre tristemente sul pezzo. Quel che ne vien fuori è un quadro che promette bene, nel quale giovani, ragazzi e ragazze inquadrano le falle del sistema e le identificano come tali, mostrando una nuova sensibilità e consapevolezza del quale ci si augura ampia diffusione.

Al termine dell’intervento, la dottoressa Marrazzo ha risposto a una breve serie di domande poste dagli studenti.
Cosa l’ha spinta a lavorare in un campo così delicato?
“La mia scelta nasce sia dalla formazione universitaria sia dal sostegno della mia famiglia, che mi ha sempre incoraggiata. Questo mi ha portata a riflettere su chi non ha la stessa fortuna, su chi affronta momenti di fragilità senza un appoggio sicuro. Da qui è nata la mia vocazione alla cura dell’altro, che ho concretizzato studiando e poi presentando domanda in un centro antiviolenza, dove oggi posso aiutare e sostenere le donne in difficoltà.”

Quale delle sue esperienze precedenti le è più utile oggi in questo ruolo?
“Più che esperienze professionali, sono state quelle personali a formarmi: episodi che hanno coinvolto parenti e amici e che mi hanno mostrato da vicino come la violenza possa manifestarsi. Grazie alla formazione offerta dal centro antiviolenza, ho potuto affinare questa sensibilità e prepararmi al meglio al lavoro che svolgo ogni giorno.”

Ha incontrato difficoltà nell’assumere questo ruolo?
“All’inizio temevo di non essere all’altezza e mi facevo molte domande su come affrontare i colloqui con le donne. Dopo un periodo di affiancamento, quella paura si è trasformata in un’ansia positiva, capace di darmi concentrazione e motivazione. Una volta iniziato, tutto è stato sorprendentemente naturale e i riscontri positivi delle donne e del team del centro mi hanno confermato di essere sulla strada giusta.”

L’incontro si è concluso con un forte applauso e un clima di grande ascolto. Le parole di Francesca Marrazzo hanno offerto agli studenti una testimonianza autentica, capace di mettere in luce il valore dell’ascolto, della prevenzione e del sostegno alle vittime. Una lezione che ha lasciato il segno.

Intervista alla Dirigente Scolastica Pierangela Scialpi: “La scuola non lascia soli gli studenti. Insieme per benessere, tutela e ascolto”

di Rebecca Pichierri, Giada Pesare



La Dirigente Scolastica Pierangela Scialpi ha illustrato i servizi e le figure di riferimento che la scuola mette a disposizione degli studenti per favorire il benessere, la tutela dei diritti e la prevenzione di situazioni di disagio o violenza. Un quadro ricco di iniziative, fatto di collaborazione, ascolto e professionalità.

Esistono figure a cui gli studenti possano rivolgersi in caso di necessità? 

“La scuola propone diversi servizi per favorire il benessere, le relazioni positive e la tutela dei diritti, compresa l’educazione alla parità di genere”.
Tra le figure citate compaiono i docenti referenti per l’Educazione civica: il professor Distratis e la professoressa Abate, un numero maggiore rispetto alla media, vista la complessità e la grandezza della popolazione studentesca.
Accanto a loro opera anche il team dello sportello di ascolto, dedicato alla prevenzione e al contrasto di bullismo e cyberbullismo, guidato dal professor Blasi e dalla professoressa Coppola. Questi docenti gestiscono colloqui e attività di supporto rivolti agli studenti che vivono situazioni di disagio.

Sono previsti percorsi formativi rivolti al corpo docente?

“La scuola prevede attività per sviluppare competenze che possano avere una ricaduta positiva sugli studenti”
Questi corsi includono temi come la parità di genere, le relazioni positive e la gestione di situazioni delicate. Non tutti gli insegnanti partecipano sempre, ammette la preside, ma l’offerta formativa è stabile e strutturata all’interno del piano annuale della scuola.

La scuola, pur non disponendo di psicologi interni, ha sempre fatto affidamento su una rete di enti territoriali?

“La collaborazione con i centri antiviolenza e con realtà specializzate è fondamentale. La scuola da sola non può gestire tutto, ma lavorare in sinergia permette di affrontare efficacemente questi casi”.
Un esempio recente è stata l’iniziativa con la dottoressa Francesca Marrazzo, che gli studenti hanno incontrato durante un’attività formativa.

Chiedere aiuto: come fare?
Una delle questioni più delicate riguarda il modo in cui gli studenti possono avvicinarsi ai servizi di supporto senza timore o imbarazzo. La preside assicura che la scuola fornisce informazioni attraverso circolari e comunicazioni ufficiali, ricordando sempre che i colloqui sono completamente riservati: i docenti che gestiscono lo sportello rispettano il segreto professionale.
È stato inoltre attivato da quest’anno un ulteriore strumento: una casella di posta elettronica anonima, pensata per permettere agli studenti più timidi o spaventati di segnalare situazioni difficili senza esporsi direttamente.
Nonostante ciò, la dirigente riconosce che «alcune volte i ragazzi restano comunque restii ad aprirsi». Per questo invita non solo i docenti, ma anche gli stessi studenti, a prestare attenzione ai segnali di disagio dei compagni, diventando un ponte verso l’aiuto e contribuendo a creare una comunità scolastica più attenta e solidale.

martedì 18 novembre 2025

Dal Virtuale al Reale: La Scuola Contro le Nuove Dipendenze

di Giada Pesare, Zoe Polimeno, Francesca Albano




Nell'Auditorium dell'I.I.S.S. “Del Prete Falcone”, le classi terze hanno partecipato a un incontro, presieduto dal dott. Giuseppe Turco, riguardante la prevenzione, l'educazione e la tutela dalle Nuove Dipendenze. Ad introdurre l'incontro ai numerosi alunni presenti è stata la nostra Dirigente Scolastica, Pierangela Scialpi, che ha dato il benvenuto e sottolineato l'importanza di trattare temi così rilevanti per la crescita dei giovani.
“Si pensa che certe problematiche siano lontane dalla nostra realtà.  Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare il problema delle nuove dipendenze” ha affermato il Sindaco Gaetano Pichierri. Ha poi ribadito che, sebbene molte persone pensino che le dipendenze tradizionali siano ormai superate, queste non sono state sostituite, ma affiancate da nuove forme di dipendenza, come quelle legate alla tecnologia e al gioco d'azzardo online".

La voce della scuola
La Dirigente Scolastica Pierangela Scialpi ha preso la parola per spiegare l'impegno della scuola nell'affrontare tematiche così importanti. 
“La presenza di tre figure istituzionali oggi testimonia l'importanza che diamo a questa tematica. La scuola non è solo un luogo di formazione, ma un contesto in cui possiamo affrontare e prevenire situazioni difficili come quelle legate alle dipendenze" ha detto. 
Inoltre, ha sollevato la questione dell'intelligenza artificiale e del suo impatto sulla società. "L'intelligenza artificiale sta evolvendo in maniera preoccupante e la nostra scuola sta cercando di preparare gli studenti a una gestione consapevole della tecnologia".

Il dott. Giuseppe Turco: le radici delle dipendenze e le soluzioni possibili
Il Relatore ha proseguito l'intervento spiegando che le dipendenze non sono un
fenomeno nuovo, ma oggi si manifestano in modi diversi rispetto al passato. 
“Le dipendenze passano in secondo piano se non ne conosciamo le cause. L’universo, infatti, si muove intorno all’amore e alle emozioni, e se si viene a formare un vuoto emotivo per la mancanza di esse, molto spesso si cerca di colmarlo con una dipendenza. Esistono infatti sostanze chiamate neuromediatori, come la dopamina.
Il dottore Turco ha, inoltre, spiegato che, in contesti di isolamento, come quello che molti giovani vivono oggi, si rischia di diventare facilmente manipolabili. “Se non cresciamo con i giusti stimoli e senza una capacità critica adeguata, rischiamo di diventare oggetti facili da
manipolare. 
È fondamentale educare i ragazzi a osservare la natura, a vivere a contatto con il mondo reale, perché tutto quel vuoto emotivo spesso viene riempito da dipendenze. Nella società moderna l’isolamento dei ragazzi porta a alti stati di depressione, ansia e stress, che peggiorano se vengono accompagnati da una mancanza di sonno continua, fino ad arrivare al caso degli Hikikomori. Le nuove dipendenze sono create su misura per la nuova società, perché al contrario delle dipendenze “storiche” quelle moderne non sono perseguibili dalla legge, per evitare di incorrere nella violazione della privacy dell’individuo”.
La dipendenza affettiva e il rischio dell'isolamento digitale
Un altro tema trattato dal dott. Turco è stato quello dell’affetto virtuale. Secondo il medico,
molte persone, soprattutto i più giovani, sono ormai dipendenti da relazioni virtuali, che si
svolgono tramite chat. 
“Le parole 'ti voglio bene' sono facilmente dette in chat, ma dal vivo non le sappiamo più dire", ha osservato. Questo tipo di isolamento emotivo è particolarmente pericoloso perché, se non affrontato correttamente, può portare a gravi conseguenze psicologiche e a un peggioramento della qualità della vita.

Telefono e fumo: le dipendenze nelle mura scolastiche
A seguire la Dirigente Scialpi ha fatto un breve intervento parlando delle dipendenze che si nascondono nella scuola stessa, più di preciso nei bagni. Ha affermato infatti che molti alunni usano i bagni scolastici come nascondiglio per utilizzare il telefono e per fumare, atti proibiti dal regolamento. Afferma infatti che molti ragazzi sperimentano una vera e propria crisi d’astinenza se separati dal fumo per anche poco tempo.
Concordando con la Preside, il dott. Turco ha spiegato che una crisi d’astinenza è data dall'abbassamento dei livelli dei neuromediatori a cui si è abituati nella dipendenza e questo dà una sensazione di euforia e causa momenti di depressione. Ha spiegato che si può sviluppare una dipendenza anche in pochi giorni e che alcune di queste sono più accettate dalla società perché portano soldi, anche se causano gravi danni fisici. Un esempio è il fumo, molto diffuso, legale e che porta a patologie come broncospasmi, tachicardia ecc.
Le domande degli studenti: un confronto aperto
Dopo gli interventi dei relatori, è stata la volta degli studenti che, con grande partecipazione, hanno posto le loro domande. Tra i temi sollevati, uno dei più discussi è stato il ruolo delle famiglie nel prevenire le dipendenze.
Tommaso Delli Santi della 3^A Cmb ha chiesto: “Quali possono essere delle strategie per uscire da una dipendenza?”
Il dott. Turco ha risposto che la chiave per superare una dipendenza è godersi appieno la vita e valorizzare l’amicizia, l’affetto e l’amore, che sono ciò che la dipendenza cerca di sostituire.
La Dirigente Pierangela Scialpi ha poi aggiunto una frase molto importante: “Quando si esce da una dipendenza si riacquista la propria libertà”. Giacomo Campo della 3^A Art e un’alunna dell’indirizzo Socio Sanitario hanno posto domande che toccano il ruolo dei genitori nel contrastare le dipendenze. Giacomo ha chiesto: “Cosa dovrebbero fare i genitori per contrastare la dipendenza dal telefono?”; l’alunna, invece, ha sollevato un tema simile, chiedendo: “Come possiamo noi giovani uscire dalla dipendenza dal fumo se gli adulti non ci danno l’esempio?” Il dott. Turco ha risposto che i genitori devono essere meno permissivi, ma anche consapevoli che il loro comportamento influenza i figli. Tuttavia, ha sottolineato che, purtroppo, spesso manca il giusto controllo da parte degli adulti, sia nel caso delle dipendenze da sostanze che in quelle da dispositivi elettronici.
Sarah Cavallo della 3^A Cmb ha chiesto se esistano dipendenze di “serie A” e di “serie B”, sollevando il tema della gravità e della visibilità delle varie dipendenze. 
Il Dott. Turco ha risposto dicendo che tutte le dipendenze sono pericolose, ma alcune, come le droghe e l’alcol, hanno effetti fisici visibili, mentre altre, come quella da telefono o social media, sono più psicologiche. Ha poi aggiunto che tra le nuove forme di dipendenza ci sono anche quelle legate al cibo salutare o biologico, usato talvolta per ostentare uno status sociale.
Un alunno della 3^B Ssas ha chiesto se ci siano conseguenze immediate per gli adolescenti che fumano. 
L’illustre ospite ha chiarito che, sebbene non ci siano danni visibili immediatamente, il fumo porta comunque a problemi psicologici, come ansia e insicurezza, che con il tempo si traducono in complicazioni fisiche, soprattutto a livello respiratorio e cardiovascolare.
Michael D’Angela, ha poi chiesto come aiutare un amico a smettere di fumare. “Se l’amico è un fumatore occasionale, un buon supporto potrebbe aiutarlo a superare la fase di astinenza. Per chi fuma da molti anni, però, la situazione è più complessa.”
Un'altra domanda che ha suscitato interesse è arrivata da Tommaso Scagliosi della 3^A Lsa, che ha chiesto se le sigarette elettroniche siano meno dannose rispetto alle sigarette tradizionali. L’esperto ha confermato che, sebbene le sigarette elettroniche presentino rischi inferiori rispetto a quelle tradizionali, sono comunque dannose, soprattutto perché la dipendenza si forma nel gesto di portare la mano alla bocca, indipendentemente dalla forma del prodotto.
Tematica seguita dall’intervento di Eleonora Pichierri, che ha esternato il suo disappunto dicendo: “Odio il fumo, mi lamento. Ragazzi, smettete di fumare!” 
Il dottore ha risposto che il fumo è una delle dipendenze più diffuse tra i giovani, e che la soluzione migliore è spesso il supporto di amici e familiari, che possono aiutare a rompere il ciclo di dipendenza.
Un altro spunto interessante è venuto da Andrea Rotondaro della 3^A Iet, che ha chiesto se l’età influisca sullo sviluppo di dipendenze. Ed è stato spiegato che, in età adulta, le persone sono generalmente più consapevoli delle proprie scelte. Tuttavia, chi ha fumato per anni è difficile che smetta, anche se la possibilità di sviluppare nuove dipendenze diminuisce con l’età. Giulia Pro della 3^A Art ha chiesto se sia facile ricadere nella dipendenza una volta superata. Il dottore ha sottolineato che dipende molto dalla persona: ogni individuo affronta il percorso di recupero in modo diverso, e non esiste una risposta univoca.
Un’interessante riflessione è venuta da un alunno della 3^Biet, che ha dichiarato: “Tutti giudicano senza sapere il perché della dipendenza.” 
Ecco la risposta: conoscendo le cause di una dipendenza, il giudizio esterno spesso non aiuta e può anzi aggravare la situazione, portando all’autolesionismo. Melissa della 3^A Cmb ha posto una domanda molto pratica: “Dopo quanto tempo i polmoni tornano puliti dopo aver smesso di fumare?” Il dott. Turco ha risposto che ci vogliono circa 20 anni perché i polmoni tornino alla normalità, ma questo dipende anche dalla durata e dall’intensità del fumo.
Infine, Francesca Albano della 3^A Cmb ha chiesto se le dipendenze affettive vengano
trattate in modo diverso dalle altre. 
“Indipendentemente dal tipo di dipendenza, il trattamento è sempre mirato a comprendere la causa, che può essere psicologica, sociale o fisica” ha detto il relatore, che ha poi concluso dicendo: “ogni dipendenza ha la sua cura, bisogna affrontarla con consapevolezza.”


Tra modernità e Antica Grecia: la seconda edizione del Festival della Filosofia di Taranto

di Lorenzo Sirsi, Giuseppe Milizia


Sotto la guida della professoressa Anna Rita Pesare e della professoressa Stefania De Donatis, gli studenti delle classi 3A LSA, 4A LSA e 5B LSA  hanno intrapreso un percorso comune di riflessione e creatività sul tema del prossimo Festival della Filosofia (Sezione di Taranto) «Festival della Filosofia – Oikos‑Logos. La cura della casa comune», fatto di arte, filosofia e responsabilità.
Sei lavori prodotti dalle classi dell’Istituto “Del Prete-Falcone” sono stati presentati, qualche giorno fa,  davanti a studenti e docenti di vari licei della provincia, in un momento di confronto, che ha messo in luce la forza del pensiero condiviso e la capacità della scuola di farsi comunità.
Il contributo della classe 3A LSA, dal titolo “Henosis Terra – Frammenti per la Physis. Raccolta filosofica illustrata”, ha preso spunto dai pensatori presocratici: Eraclito, Anassimandro e Pitagora.
Attraverso i loro concetti di trasformazione, equilibrio e armonia, gli studenti hanno riflettuto sui temi dello sfruttamento del Pianeta e della crisi ambientale, cercando un dialogo tra filosofia antica e sfide contemporanee.
Il risultato è una raccolta di tavole artistiche realizzate con tecniche diverse: dal disegno a mano alla tavoletta grafica, fino all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per le creazioni digitali.
Si sono distinti per creatività e precisione Tommaso Scagliosi, Francesca Motolese, Andrea Pellicani e Martina Emma Spagnolo, ma tutto il gruppo classe ha contribuito con idee, dettagli e rifiniture, dimostrando un forte spirito di collaborazione.
Anche le classi 4A e 5B LSA, coordinate dalla professoressa De Donatis, hanno presentato un percorso intenso e attuale sul significato di oikos come spazio fisico, simbolico e umano.
Il punto di partenza è stato il conflitto israelo-palestinese, da cui gli studenti hanno tratto spunto per riflettere sul valore della casa come diritto fondamentale, ma anche come luogo della memoria e delle relazioni.
I gruppi di lavoro hanno sperimentato diversi linguaggi creativi – video-talk, documentari, animazioni virtuali e installazioni multimediali – dando vita a elaborati che uniscono filosofia, emozione e impegno civile.
Tra i titoli più significativi: “Oikos: la casa che abbiamo dimenticato”, “Il silenzio delle mura”, “Voci tra la polvere”, “Oikos in pericolo” e “Ricordi di una casa”.
Attraverso queste esperienze, gli studenti del Del Prete-Falcone hanno dimostrato come la filosofia possa uscire dai libri per farsi vita, arte e responsabilità.
La cura della casa comune non è solo un tema da studiare, ma un impegno da costruire insieme – con le idee, le mani e il cuore.


San martino: comunità, storia e tradizione. L’Istituto “Del Prete Falcone” custode del passato.

di Zoe Polimeno, Francesca Albano



Ogni anno, si celebra la festa di San Martino: ricorrenza che dà l'opportunità alla comunità di riunirsi e celebrare le proprie tradizioni e la propria storia.
La leggenda di San Martino ricorda il gesto di un giovane soldato romano, che divise il suo mantello per donarne metà a un mendicante infreddolito.
La figura di San Martino incarna i valori di solidarietà, attenzione verso i più deboli e rinascita spirituale. Il suo giorno cade anche in un momento simbolico dell’anno: l’inizio dell’inverno.
Nel mondo contadino, l’11 novembre segnava anche la fine dell’anno agricolo: era tempo di bilanci, di assaggi del vino novello e di festeggiamenti per la chiusura dei lavori nei campi.
Da qui nasce il detto “a San Martino ogni mosto diventa vino”. 
L’Istituto “Del Prete-Falcone” di Sava ha partecipato all'evento tenutosi nella chiesa di San Francesco di Sava, l’11 novembre di quest’anno.
A contribuire sono stati in particolare gli indirizzi Art, Sass e Cmb, che con degli stand da esposizione e gli interventi di alcuni alunni presenti, hanno fatto sentire la presenza della Scuola nel preservare le nostre tradizioni.
Gli alunni dell’indirizzo Artigianato per il made in Italy (Art) hanno messo a disposizione dei bellissimi abiti storici realizzati a mano, esposto i figurini degli abiti progettati e disegnati dal triennio, ispirati all’uva e il vino per l’occasione e realizzato loro stessi degli abiti ispirati al panaro.
A fare un intervento esplicativo è stata l’alunna della 5^A Art Sofia Dell’Aglio: “Per questo evento l’indirizzo Art ha realizzato degli abiti ispirati al panaro, un manufatto tipico utilizzato per la raccolta dell’uva nei campi, fatto dall’intreccio di giunchi d’ulivo e canna. Noi ragazzi abbiamo realizzato questi vestiti su un tupino nero per far risaltare l’elemento principale, intrecciato da noi con le tecniche che usava chi lavorava nei campi prima che la plastica e altri materiali sintetici sostituissero in gran parte un pezzo della nostra cultura. Oggi siamo quindi qui per onorare quest’ultima, ricordarla ed ammirarla”.
Gli alunni dell’indirizzo Biotecnologie Sanitarie (Cmb) hanno spiegato invece il processo della vinificazione, con in esposizione l'attrezzatura di laboratorio finalizzata alla distillazione e un microscopio ottico. 
A fare l’intervento Matteo Ciro De Mauro e Giosuè Schiavoni, rispettivamente della 3^ e 5^A Cmb, che hanno esposto il processo della vinificazione e il suo collegamento con l’indirizzo e il processo della distillazione.
A iniziare Matteo De Mauro: “La vinificazione è un esempio di biotecnologie tradizionali, infatti in questo processo vengono utilizzati lieviti, microrganismi che presenti nella buccia dell’uva, quando questa viene pigiata e trasformata in mosto, ne permettono la fermentazione. Questa permette poi di ricavare l’alcol presente nel vino. A seconda del tipo di lievito presente il vino avrà poi caratteristiche differenti come sapore, odore e colore”.
A seguire Giosuè Schiavoni: “Il lievito che poi ci permette di ottenere il nostro amato alcol è il Saccharomyces, ma come si fa a separare il suo prodotto dal resto del mosto? Qui entra in gioco il processo di distillazione, della cui strumentazione noi siamo forniti. La struttura è composta da un “pallone” di vetro in cui si trova il mosto, e grazie a una fonte di calore posta al di sotto i suoi componenti verranno portati ad ebollizione. Infatti ogni componente del mosto ha un punto di ebollizione differente; quello dell’alcol etilico presente è circa 78-80 °C, che quando arrivati a questa temperatura evapora e viene indirizzato nel cosiddetto tubo refrigerante, un tubo di vetro che grazie a dell’acqua fredda fa condensare l’alcol facendolo tornare allo stato liquido, che verrà poi raccolto in un’ altro contenitore”.
Gli alunni dell’indirizzo Servizi per la Sanità e l’Assistenza Sociale (Sass) hanno invece organizzato uno stand, dando la possibilità con una semplice benda e un pò di curiosità di rendere le persone consapevoli e aperte al mondo della disabilità.
A presentare ciò l’alunna della 4^A Sass Luana Cosma: “Per questa occasione abbiamo deciso di simulare con un gioco la realtà di molte persone disabili. Con una benda che servirà per simulare una disabilità si incoraggerà ad usare gli altri sensi, olfatto, gusto e tatto per indovinare degli oggetti presenti all’interno di alcune scatole. Questo per far comprendere in maniera leggera la realtà in cui molte persone vivono"
A seguito degli interventi del nostro Istituto è stata poi presentata una rappresentazione teatrale organizzata per la serata dal laboratorio teatrale della proloco di Sava “Le fave nere”.
Sono state messe in atto due scene: la prima ha raccontato la storia di due “comari”, che tra un litigio e l’altro, e coi tentativi dei figli di farle riappacificare, scoprono i dolci frutti di una vite piantata nel loro giardino comune.
La seconda invece inizia con uno monologo di un vecchietto, che in procinto di cominciare la sua giornata riceve la visita di una ragazza conosciuta, e trattano insieme le tradizioni e gli usi dei tempi di lui.
A fine serata poi, il corso serale dell’Istituto Alberghiero di Maruggio ha messo in tavola dolci e cibi preparati per l’occasione, che hanno dato un finale molto soddisfacente all’evento.
La serata ha quindi riunito insieme campi e indirizzi diversi, tutti col fine di celebrare le nostre tradizioni e non farle mai scomparire.

Il “gusto” della cultura

Come accade spesso in Italia ogni occasione è buona per festeggiare con del buon cibo locale, e la festa di San Martino non è certo un’eccezione.
Ogni regione ha  le sue tradizioni culinarie. Comunque sulle tavole di tutta Italia non mancano mai vino e castagne.
In Friuli, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna l’oca è il piatto forte, a cui in Alto Adige si aggiungono speck e carne affumicata. A Venezia è molto usato un dolce realizzato a forma di San Martino a cavallo in pasta frolla decorata con zucchero colorato, cioccolatini e dolciumi vari.
Nelle Marche, in particolare ad Ascoli Piceno, il giorno di San Martino si mangia tradizionalmente maiale alla brace, vino nuovo e caldarroste.
In Abruzzo, invece, si gusta la pizza coi quattrini, dolce a base di mais, ma con l’aggiunta di noci, fichi secchi e miele, nella quale è nascosta una moneta. 
Nel Salento, invece, l’11 novembre si festeggia gustando le famose pittule accompagnate da vino. A Martina Franca, è una festa importante, con tanto di sagra, fiera degli animali e l’immancabile capocollo a tavola.
In Sicilia San Martino è sinonimo di viscottu o sammartini, o Sammartinelli, da mangiare rigorosamente dopo averli inzuppati nel vino dolce moscato. Gli stessi biscotti possono anche essere farciti con la ricotta di pecora e\o decorati con glassa di zucchero bianca, confetti o cioccolatini incartati.
In Sardegna, il dolce dell’11 novembre sono invece i papassinos, biscottini rustici e croccanti con uva passa, a forma di rombo, ricoperti da una glassa bianca.
Ognuno con le proprie usanze, tradizioni e piatti onora quindi a modo suo la propria cultura, che ci accomuna tutti e ci riunisce nella sua celebrazione.

Donne fuori dal comune: la scrittura come strumento di cambiamento e libertà

di Rebecca Pichierri




Le donne, nel corso della storia, hanno spesso sfidato le regole sociali e hanno lottato per farsi sentire, soprattutto attraverso la scrittura. Nonostante le difficoltà, molte scrittrici e artiste hanno segnato la storia, migliorando il ruolo delle donne nella cultura e nella società. Oggi, tre iniziative ci ricordano questo contributo: il libro di Dacia Maraini, il Festival Eccentriche di Bologna e una raccolta di lettere scritte da autrici italiane a donne di tutto il mondo.

Dacia Maraini e le scrittrici che hanno cambiato il mondo
Dacia Maraini, una delle scrittrici più importanti d'Italia, ha sempre prestato attenzione alla condizione delle donne. Nel suo lavoro, racconta storie di donne che, in tempi diversi, hanno usato la scrittura per cambiare la società. Tra queste, ci sono figure come Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina nel 1986, e Grazia Deledda, Nobel per la letteratura nel 1926. Entrambe hanno dimostrato che anche le donne possono eccellere in ambiti tradizionalmente dominati dagli uomini, come la scienza e la letteratura. Maraini sottolinea che spesso le donne hanno dovuto lottare non solo per esprimere la loro creatività, ma anche per essere riconosciute dalla storia.

Il Festival Eccentriche: storie di donne fuori dal comune
A Bologna, il Festival Eccentriche celebra le donne che hanno fatto la storia con azioni fuori dal comune. Quest’anno, tra gli ospiti c’erano storiche, attiviste e artiste che hanno raccontato le vite di figure straordinarie come Carla Lonzi, la pittrice Paula Modersohn-Becker, e la poetessa iraniana Forough Farrokhzad. Queste donne, attraverso le loro vite e opere, continuano a ispirare la lotta per i diritti femminili.

Le lotte globali delle donne raccontate dalle scrittrici italiane
In un’altra iniziativa, dieci scrittrici italiane hanno scritto lettere alle donne che, in tutto il mondo, lottano per la libertà e i diritti umani. Le lettere sono state pubblicate nel numero di marzo della rivista Donne Chiesa Mondo e si rivolgono a donne afgane, iraniane, yazide, curde, africane, sudamericane, indiane e migranti. Queste lettere sono un forte messaggio di solidarietà globale e un richiamo contro le ingiustizie che colpiscono le donne in molti paesi.
Dalle riflessioni di Maraini alle storie raccontate al Festival Eccentriche, fino alle lettere delle scrittrici italiane emerge un tema comune: nonostante le difficoltà, le donne continuano a lottare, scrivere e creare. La loro arte è uno strumento potente di resistenza e cambiamento. Ogni donna, a modo suo, ha contribuito a scrivere una nuova pagina della storia, dimostrando che la scrittura e l'arte possono cambiare il mondo e aprire nuove possibilità per le donne.

Addio a Beppe Vessicchio: il direttore d'orchestra che ha scritto la storia della musica italiana

di Giada Pesare



Il maestro, che ha diretto per decenni il Festival di Sanremo, si è spento all’età di 69 anni. Un addio che lascia un vuoto profondo nella cultura musicale del paese.
Beppe Vessicchio, uno dei più amati e rispettati direttori d’orchestra italiani, è morto giorno 8 novembre 2025, all’età di 69 anni, lasciando un vuoto che difficilmente potrà essere colmato. Il maestro, la cui carriera ha segnato la storia della musica italiana, è scomparso a Roma all’ospedale San Camillo, a causa delle complicazioni di una grave polmonite interstiziale. Un’epoca musicale se n’è andata con lui.

La carriera che ha segnato un'epoca musicale
Vessicchio non era solo un direttore d'orchestra, ma una figura di riferimento nel panorama musicale italiano. Nato a Napoli nel 1956, si è avvicinato alla musica sin da giovane, studiando composizione e direzione d'orchestra. Tuttavia, è il suo legame con il Festival di Sanremo che lo ha reso una vera e propria icona della musica italiana. Dal 1990 al 2023, ha diretto le orchestre del Festival, accompagnando artisti italiani e internazionali in una delle vetrine musicali più prestigiose del paese. Durante la sua lunga carriera, ha diretto alcuni dei più grandi nomi della musica italiana, tra cui Lucio Dalla, Andrea Bocelli e Laura Pausini, lasciando un'impronta unica in ogni performance.

Un maestro dal volto umano
Vessicchio non era solo un gigante della musica, ma una figura che sapeva toccare le corde del cuore. La sua personalità, mai sopra le righe, ma nemmeno distante dal pubblico, lo ha reso una figura di culto, soprattutto grazie alla sua presenza sui social media. Negli ultimi anni, il maestro si è fatto conoscere per il suo lato ironico e spontaneo, interagendo con i fan e commentando con un sorriso e una battuta i momenti più curiosi del Festival di Sanremo. Il suo famoso "sguardo serio" durante le esibizioni in diretta è diventato un marchio di fabbrica, suscitando ogni anno, sui social, una miriade di commenti divertiti da parte dei telespettatori.
Molti ricordano il suo atteggiamento garbato, ma deciso nei confronti degli artisti, sempre pronto a dare indicazioni precise, ma con un tono che sapeva essere rassicurante e autorevole. Quella che sembrava una severità "musicale" si è rivelata, nel tempo, una dimostrazione di un amore profondo per la musica e per la qualità delle esibizioni.
Un addio che lascia un vuoto
"Il maestro Vessicchio ci ha insegnato che la musica è un'arte che va vissuta con profondità, ma anche con leggerezza," ha dichiarato un collega che lo ha conosciuto e lavorato con lui per anni. "Era un uomo capace di far sentire ogni nota come se fosse l'unica, ma lo faceva con la stessa naturalezza con cui si prepara un caffè al mattino."
Anche la premier Giorgia Meloni ha voluto ricordarlo sui social: "Un artista di grande cultura musicale che ha dato tanto e che ci mancherà. 'Dirige l'orchestra il maestro Beppe Vessicchio' non era solo una frase: era casa, era Italia. Buon viaggio."
Veronica Peparini ha ricordato con affetto la collaborazione artistica e umana che li univa: "Ho un ricordo bellissimo, avevamo lavorato insieme ad Amici, ma soprattutto era con noi anche in Accademia (Peparini Academy, ndr.), quindi il ricordo è ancora più vicino e importante. Una persona speciale. Hanno già detto tutto su di lui, mi sembra riduttivo aggiungere altro per un uomo così grande."
Commovente anche il ricordo di Fiorella Mannoia, che ha voluto sottolineare l'universalità dell'affetto verso Vessicchio: "Mi mette in imbarazzo parlare perché siamo di fronte a una chiesa dove si è appena svolto un funerale, uno non sa mai che dire, perché tutto diventa scontato. Penso però che abbia lasciato un ricordo positivo in ognuno di noi."
"Con il maestro Vessicchio se ne va un altro grande protagonista del Festival di Sanremo e della musica italiana. Con il suo carattere, la sua immagine, il suo carisma e la sua professionalità, è diventato un'istituzione" ha dichiarato Carlo Conti, attuale direttore artistico del Festival di Sanremo.

Un maestro che rimarrà per sempre nei cuori degli italiani.
La morte di Beppe Vessicchio ci ricorda quanto la musica, e il suo potere di toccare le corde più intime dell'anima, debba essere celebrata ogni giorno, proprio come ha fatto lui durante tutta la sua carriera. Un maestro che rimarrà per sempre nei cuori degli italiani. La sua passione per la musica, la sua eleganza e il suo talento continuano a vivere in ogni nota, in ogni concerto e in ogni ricordo che ci lascia. L'arte di Beppe Vessicchio non morirà mai.

Lo Shutdown più lungo della storia: Trump pone fine dopo 43 giorni

di Riccardo Lamusta



Dopo 43 giorni di paralisi, il governo degli Stati Uniti ha finalmente riaperto i battenti. Il presidente Donald Trump ha firmato la legge che ha posto fine al blocco, garantendo finanziamenti fino al 30 gennaio 2026. I 222 voti favorevoli contro i 209 contro sono stati accolti da un misto di sollievo e polemiche: Trump ha ringraziato i democratici che hanno votato a favore.

Cosa è lo shutdown?

Il termine shutdown si riferisce a un'interruzione delle attività governative causata dal mancato accordo tra il Congresso e l'amministrazione su una legge di bilancio. Se il Congresso non approva il bilancio federale per l'inizio dell'anno fiscale (che inizia il 1° ottobre), il governo non può rifinanziare le proprie attività amministrative, sospendendo molte operazioni non essenziali, tra cui: chiusura di parchi e musei pubblici, interruzione delle attività di ricerca scientifica.

Cause dello shutdown?

Lo shutdown è stato causato principalmente da una disputa politica riguardante il finanziamento di progetti chiave e programmi controversi. Durante il governo Trump, una delle principali cause di blocco era il finanziamento del muro al confine con il Messico, una promessa elettorale del presidente. I Democratici, che avevano il controllo della Camera dei rappresentanti, si sono opposti a destinare fondi significativi a questa costruzione, portando a una vera e propria paralisi nelle negoziazioni sul bilancio federale.

Cosa accadrà adesso?

Gli stipendi federali, sospesi durante la chiusura, riprenderanno a essere erogati sabato, inclusi gli arretrati per circa 650.000 lavoratori federali e 13.000 controllori di volo. L'accordo prevede anche l'annullamento di oltre 4.000 licenziamenti federali e il finanziamento del programma di assistenza alimentare SNAP fino al 2026, per sostenere oltre 40 milioni di americani. Inoltre, la crisi nel traffico aereo, causata dalla mancanza di fondi, è stata risolta, con il ripristino delle operazioni e il pagamento degli arretrati ai lavoratori aeroportuali. Il governo federale riprenderà le sue attività senza interruzioni, ma dovrà rinegoziare il finanziamento a gennaio.

Reazione pubblica e politica

Lo shutdown ha suscitato forti polemiche. Da un lato, molti hanno criticato Trump per aver causato una crisi così lunga, soprattutto a causa di un obiettivo politico specifico come il muro al confine. Dall'altro lato, il presidente ha cercato di far passare il messaggio che la sua posizione era una questione di principio per garantire la sicurezza nazionale, e ha ringraziato i Democratici che hanno votato per il finanziamento, promettendo che "non ci sarebbe stato un altro shutdown".




"I pilastri della Terra", quando la cattedrale diventa simbolo di un sogno

di Giuseppe Frascella



Ambientato nell’Inghilterra del XII secolo, I pilastri della Terra racconta la costruzione di una grande cattedrale nella città immaginaria di Kingsbridge. Attorno a quest’opera si intrecciano destini, passioni e conflitti che riflettono la società medievale: un mondo dominato dalla fede, dalla violenza e dalla ricerca del potere. La cattedrale diventa il simbolo del sogno umano di creare qualcosa di eterno, anche in tempi difficili.
I protagonisti
Tom il costruttore: è un uomo semplice ma animato da un grande sogno — costruire una cattedrale. Rappresenta la forza del lavoro e la tenacia dell’artigiano medievale, che attraverso la pietra e il sudore costruisce non solo edifici, ma anche speranza e progresso.
Philip, il priore di Kingsbridge: monaco intelligente e determinato, unisce fede e razionalità. È il volto del clero riformatore del XII secolo, che cerca di migliorare la vita del popolo e di riportare purezza nella Chiesa. La sua visione spirituale ma concreta lo rende un simbolo di equilibrio tra religione e umanità.
Aliena: figlia di un conte caduto in disgrazia, vive la perdita, la povertà e la rinascita. È un personaggio forte e moderno, che lotta per la propria indipendenza in un mondo dominato dagli uomini. Incarna il cambiamento sociale e la dignità delle donne, anche in un’epoca che le voleva sottomesse.
William Hamleigh: nobile crudele e arrogante, rappresenta la parte oscura del feudalesimo, fatto di violenza, abuso e desiderio di dominio. È l’antagonista perfetto: la sua brutalità mette in luce la forza morale degli altri personaggi e mostra quanto la corruzione del potere possa distruggere l’uomo.
L’autore e la sua passione per il Medioevo
Ken Follett, scrittore gallese nato nel 1949, è celebre per i suoi romanzi storici. L’idea di I pilastri della Terra nacque dal suo stupore di fronte alle grandi cattedrali gotiche europee: si chiese come uomini del Medioevo, con mezzi limitati, potessero costruire opere tanto imponenti. Da quella curiosità nacque un romanzo che unisce rigore storico, dramma umano e amore per la bellezza architettonica.
Un romanzo che unisce storia e umanità
Con la sua scrittura avvincente e personaggi indimenticabili, Follett riesce a trasformare un’epoca lontana in un racconto vivo e attuale. I pilastri della Terra è molto più di una storia sul Medioevo: è un inno alla perseveranza, al sogno e alla capacità dell’uomo di costruire — nella pietra come nella vita — qualcosa che duri nel tempo.



Gaza e il diritto internazionale

di Giuseppe Frascella 



L'inizio della guerra e il contesto storico 

Il conflitto israelo-palestinese, e in particolare la questione di Gaza, affonda le sue radici in decenni di tensioni politiche, religiose e territoriali. Sebbene le sue origini siano complesse e intrecciate con eventi storici che risalgono a più di un secolo fa, l'ultima escalation violenta ha avuto luogo in un contesto di crescente instabilità e frustrazione per i palestinesi. 
Il più recente aumento della violenza è avvenuto in un contesto di rabbia e disperazione crescenti tra i palestinesi. Le incursioni israeliane su Gaza, spesso in risposta agli attacchi di Hamas e alle manifestazioni di rabbia palestinese, sono seguite da un'inasprimento dei bombardamenti e delle operazioni militari, che hanno portato a un numero crescente di vittime civili. 

 
È la Palestina uno stato o no? 
 
Il riconoscimento della Palestina come stato resta una questione centrale del conflitto israelo-palestinese: oltre 130 paesi hanno già espresso il loro sostegno, ma Israele, insieme a potenze come gli Stati Uniti e alcuni paesi europei, continua a negarlo. Pur avendo territorio, popolazione e governo, la sovranità palestinese è frenata dall’occupazione israeliana in Cisgiordania e Gerusalemme e dalle divisioni interne, ostacolando l’accesso pieno alle Nazioni Unite e una reale indipendenza internazionale. 

Il Principio di Effettività: Cos’è e come si applica alla Palestina 
 
Il principio di effettività richiede che uno Stato eserciti un controllo reale, stabile e continuativo sul proprio territorio, amministrandone in modo autonomo politica, economia e sicurezza. Nel caso della Palestina, però, questo obiettivo è fortemente ostacolato: Gaza è governata da Hamas ma sottoposta a un rigido blocco, mentre la Cisgiordania è amministrata dall’Autorità Palestinese ma occupata in parte da Israele. A ciò si aggiunge una profonda divisione interna, che, insieme alla presenza militare israeliana, limita la capacità di esercitare una sovranità piena, nonostante la Palestina goda di un crescente riconoscimento internazionale. 

 
CURIOSITÀ GIURIDICA SU GAZA 
La Striscia di Gaza rappresenta un caso unico nel diritto internazionale: pur essendo formalmente parte dei Territori Palestinesi, è sottoposta a un blocco (terrestre, marittimo e aereo) che solleva complesse questioni di responsabilità legale. 
Organizzazioni internazionali e giuristi dibattono se questo blocco, imposto da Israele con l’appoggio dell’Egitto, possa configurare una forma di occupazione ai sensi delle Convenzioni di Ginevra, con conseguenti obblighi di tutela della popolazione civile. Inoltre, il controllo israeliano sulle acque territoriali limita la pesca e l’accesso al Mediterraneo, riducendo diritti economici e risorse locali e facendo di Gaza un laboratorio giuridico dove si intrecciano diritto del mare, sovranità, sicurezza e diritti umani. 
 
 
 

Il Paese del “come stai?”: la gentilezza è ancora di casa? Siamo ancora il popolo del sorriso e dell’abbraccio facile, oppure la fretta e l’indifferenza ci hanno rubato la gentilezza?

di Rebecca Chianura

In occasione della “Giornata mondiale della Gentilezza”, una ricerca intitolata “The State of Kindness in Europe”, condotta da Sanrio (azienda giapponese creatrice di Hello Kitty) insieme all’Istituto YouGov e diffusa dall’ Ansa, ha messo in discussione un vecchio mito: quello degli italiani come popolo più socievole d’Europa. 
Secondo lo studio, la Spagna è oggi la più gentile (76%), seguita da Regno Unito (71%), Germania e Francia (70%) mentre l’Italia rimane ferma al 69%. Un piccolo scivolone d’immagine, che suona quasi come decadenza culturale per chi è cresciuto a pane, caffè e cordialità. Eppure, dietro questo dato, c’è un’Italia che continua a credere nel valore dei gesti buoni. Il 95% degli italiani collega la gentilezza a emozioni positive: per molti è un “effetto carezza” una metafora del calore che nasce dal fare qualcosa di bello per gli altri. Il 49% dice che essere gentili migliora l’umore, il 35% prova calma e il 34% gratitudine. Lo studio mostra che la nostra gentilezza ha una voce fatta di empatia, ascolto e presenza. Gli italiani amano fare complimenti (55%), offrire supporto (54%) e chiedere “Come stai?” (53%), un piccolo neologismo emotivo diventato simbolo del nostro modo di voler bene e fare del bene nelle vite altrui. Le donne, in particolare, spiccano per sensibilità: il 64% sostiene gli altri con parole, abbracci o semplici gesti di conforto.
Nata in Giappone nel 1988 con il Japan Small Kindness Movement e resa ufficiale nel 1997 dal World Kindness Movement, la “Giornata Mondiale della Gentilezza” ha come obiettivo ricordare il potere trasformativo dei gesti positivi. Quest’anno, come riportano l’Adnkronos e l’AGI, è stato anche proposto da Natalia Re, presidente del Movimento Italiano della Gentilezza, il Kindness Act. Si tratta di una legge che mira al riconoscimento della gentilezza come XIII BES, gli indicatori identificati dall’Istat che includono valutazioni sociali, culturali e ambientali, con l’obiettivo di costruire una società che comprenda che la gentilezza è un atto politico che non appartiene alla sfera del privato, ma al campo della responsabilità pubblica e si tratta di un dovere pubblico prima che morale. Inoltre, come parte integrante della proposta, è stata sviluppata anche una Carta dei Sei Valori della Gentilezza composta da sei principi fondamentali: rispetto, ascolto, solidarietà, equità, pazienza e generosità. 
Eppure tra le righe di questi numeri resta una domanda che nessuna statistica potrà mai misurare: si può davvero contare la gentilezza?
Perché la gentilezza non è solo un gesto, ma un modo di abitare il mondo. È la scelta di rallentare anche quando tutto corre, guardare negli occhi chi abbiamo davanti, chiedergli “come stai?” e voler davvero sapere la risposta. È una forma di coraggio silenzioso, quello di chi decide di non diventare freddo anche se tutto intorno lo spinge a esserlo.
Forse non siamo più i primi in classifica, ma finché in Italia continuerà a esistere qualcuno che si preoccupa del bene del prossimo con sincerità, la gentilezza non morirà mai. O forse la vera domanda è un’altra: serve davvero una legge per ricordarci come essere umani o dovremmo solo tornare ad ascoltare un po’ di più come facevano le nostre nonne, con un sorriso e una tazza di caffè?

Vivienne Westwood lancia una collezione di gioielli da 9 carati: l'incontro tra innovazione, design e l'eccellenza Made in Italy

di Rebecca Aprile, Veronica Soloperto


Vivienne Westwood, conosciuta per il suo approccio innovativo e provocatorio alla moda, ha recentemente lanciato una collezione esclusiva di gioielli da 9 carati. Un passo significativo nel suo percorso creativo, che unisce arte, design e alta gioielleria. Questa collezione, con il suo mix di materiali pregiati e un design audace, rappresenta una riflessione interessante per il nostro percorso scolastico, dove nel campo della moda impariamo a integrare modellistica, design, marketing e tecnologie dei tessuti in un corso completo e multidisciplinare.
La moda non si limita solo all'abbigliamento, ma abbraccia anche accessori e gioielli, elementi essenziali di un "total look". In questo senso, il lavoro di Vivienne Westwood, che con i suoi gioielli combina innovazione e tecnica artigianale, si allinea perfettamente con quello che facciamo nell’ indirizzo di studi “Artigianato per il Made in Italy” attivo nell’ Istituto “Del Prete Falcone” di Sava. 
Ogni gioiello della collezione è il risultato di una cura maniacale nei dettagli, un aspetto che impariamo ogni giorno nel nostro corso, dove la creatività si fonde con la tecnica per creare oggetti dal design unico e inconfondibile.
Nel nostro indirizzo, infatti, non ci limitiamo a progettare abiti, ma ci specializziamo anche nella scelta dei materiali, nella realizzazione artigianale e nelle strategie di marketing necessarie a portare un prodotto sul mercato globale. La collezione di Westwood, pur provenendo da un contesto internazionale, si inserisce perfettamente in un mondo in cui la qualità artigianale e l'innovazione sono i pilastri fondamentali di ogni creazione. L’alta moda, infatti, si nutre di ricerca, e il nostro percorso formativo ci prepara proprio a questo: a progettare, sviluppare e comunicare prodotti che siano apprezzati per la loro unicità e per il valore artigianale che portano con sé.
L’idea di unire design e tecnica come fa Vivienne Westwood è un’ispirazione quotidiana per noi. Il nostro obiettivo è creare pezzi unici, in grado di raccontare una storia attraverso ogni dettaglio. Inoltre, la sfida di promuovere questi prodotti sul mercato globale, utilizzando il marketing e le nuove tecnologie, è un aspetto che possiamo collegare a come i grandi brand, come Vivienne Westwood, riescono a mantenere alta l'attenzione su di sé, continuando a innovare e a valorizzare il loro prodotto nel mondo.




Tragedia a Muggia: una comunità sotto shock

di Sofia Mega, Lucrezia Piccione




Un dramma terribile ha sconvolto la cittadina di Muggia, in provincia di Trieste.
Una donna ha ucciso il proprio figlio di nove anni all’interno della loro abitazione nel centro del paese.
Il gesto, compiuto con un coltello da cucina, ha lasciato senza parole un’intera comunità, che ora si stringe nel dolore e nella solidarietà verso il padre del bambino e tutti coloro che gli erano vicini.
Secondo le prime ricostruzioni, la donna, di 55 anni e di origine ucraina, viveva da tempo una situazione personale molto difficile. Era seguita dal Centro di salute mentale e dai servizi sociali, che si occupavano della famiglia fin dalla nascita del bambino. I genitori, infatti, erano separati da alcuni anni e il minore era stato affidato al padre, un uomo triestino di 58 anni residente anch’egli a Muggia.
Nonostante la separazione, il tribunale aveva stabilito che il piccolo potesse continuare a vedere la madre. Proprio durante uno di questi incontri si sarebbe consumata la tragedia.
L’allarme è scattato quando il padre, non riuscendo a contattare la donna, ha chiesto aiuto alle forze dell’ordine. Quando polizia e vigili del fuoco sono entrati nell’appartamento di via Marconi, il bambino era già morto da alcune ore. La madre, ferita alle braccia per un tentativo di autolesionismo, è stata immediatamente soccorsa e portata all’ospedale di Cattinara, dove è stata medicata e poi sottoposta a fermo per omicidio.
Il sindaco di Muggia, Paolo Polidori, ha espresso profonda commozione e vicinanza alla famiglia. “È una tragedia che ci colpisce nel profondo,” ha dichiarato. “La situazione di questa famiglia era seguita da tempo, fin da quando il bambino era nato. Era una situazione difficile, ma non c’erano segnali che facessero pensare a un epilogo simile. Ora la nostra priorità è sostenere chi soffre e accompagnare la comunità in questo dolore collettivo.”
Il Comune ha deciso di proclamare il lutto cittadino e di offrire un servizio di supporto psicologico alla scuola che il piccolo frequentava, per aiutare i compagni di classe e gli insegnanti ad affrontare questa perdita improvvisa.
Il bambino frequentava il quarto anno della scuola elementare slovena di Muggia e si preparava alla sua Prima Comunione. Era conosciuto da molti in paese ed era descritto come un bambino dolce, tranquillo e sempre sorridente.
Anche la parrocchia si è stretta nel dolore. Don Andrea Destradi, il parroco di Muggia, ha ricordato il piccolo durante la Santa Messa: “Lo vedevo spesso con il papà, un bambino sereno, pieno di curiosità. Lo avevo incontrato sabato scorso a messa, mentre si preparava per la Prima Comunione. La parola che descrive questa tragedia è ‘fragilità’. Una fragilità che forse è sfuggita a tutti noi, e che ci deve spingere a riflettere su quanto sia importante non lasciare mai sole le persone in difficoltà.”
Il parroco ha anche annunciato una veglia di preghiera per ricordare il bambino e per accompagnare il dolore del padre e della comunità: “Non dobbiamo solo piangere, ma imparare a prenderci cura gli uni degli altri. C’è un papà da abbracciare e una mamma che, pur avendo commesso un gesto terribile, resta una persona che soffre e che avrà bisogno di aiuto.”
L’intera cittadinanza di Muggia è sconvolta. Nelle scuole, nelle chiese e nelle case, il silenzio e la tristezza sono palpabili. I compagni di classe, i maestri e i genitori stanno organizzando momenti di raccoglimento per ricordare il piccolo.
Molti cittadini hanno portato fiori e biglietti davanti alla scuola e sotto la casa dove viveva il bambino, come segno di affetto e solidarietà.
Questa vicenda dolorosa ci ricorda quanto sia importante la vicinanza umana e l’ascolto. A volte, dietro le pareti di una casa, si nascondono sofferenze che non si vedono, fragilità che chiedono aiuto in silenzio. È compito di famiglie, scuole, amici e istituzioni di imparare a riconoscere questi segnali e offrire sostegno prima che sia troppo tardi.
Muggia piange un bambino che non potrà più correre, ridere, imparare e crescere. Ma il suo ricordo resterà nel cuore di chi lo ha conosciuto e amato.

giovedì 13 novembre 2025

Il colpo al Louvre: quando il lusso si ruba, ma l’arte si crea

 di Rebecca Aprile, Veronica Soloperto, Giuseppe Frascella




Una rapina degna di un film, nel cuore di Parigi. Nella notte tra il 30 e il 31 ottobre, un gruppo di ladri si è introdotto nel museo del Louvre, riuscendo a portare via i gioielli appartenuti a Napoleone Bonaparte, tra i pezzi più preziosi della collezione. Un furto che ha scosso il mondo dell’arte e della cultura, non solo per il valore economico dei diamanti e delle pietre, ma per ciò che rappresentano: il simbolo di un’eredità storica e artistica che appartiene a tutti. 
Parigi, capitale mondiale della moda e del design, è da sempre un luogo dove arte e lusso si intrecciano. I gioielli di Napoleone non erano solo oggetti di potere, ma vere e proprie opere d’artigianato: creati da mani esperte, da artisti del bello che, secoli fa, davano forma ai sogni attraverso l’oro e le pietre.
Ed è proprio qui che nasce il collegamento con noi studenti dell’indirizzo Artigianato per il Made in Italy dell’Istituto Del Prete–Falcone di Sava. Anche noi, nel nostro piccolo, impariamo a fare ciò che quei maestri sapevano fare: trasformare la materia in bellezza. Se un ladro può rubare un gioiello, non potrà mai rubare la creatività, la passione e l’ingegno che lo hanno fatto nascere.
L’Italia, come la Francia, è custode di un sapere antico che vive ancora oggi nei laboratori, nelle botteghe e nelle scuole. La nostra formazione è proprio questo: un ponte tra il passato e il futuro del “bello fatto a mano”, un’arte che resiste al tempo, ai furti e alle mode.

La rapina del Louvre ci ricorda che ciò che ha valore non è ciò che si possiede, ma ciò che si è in grado di creare. E noi, futuri artigiani del made in Italy, vogliamo continuare a creare bellezza vera — quella che nessuno potrà mai portare via.
In fondo, ogni epoca decide cosa valga la pena conservare. Il furto di un’opera può togliere qualcosa ai musei, ma non alla storia: ciò che l’uomo ha creato una volta, può sempre tornare a crearlo.











“Note” di guerra


 di Zoe Polimero, Sofia Dell'Aglio 

Da sempre, a pari passo con gli orrori delle guerre, ci sono state canzoni ed inni che le vanno a contrastare, diffondendo un messaggio di pace e speranza.
Queste variano, andando da inni veri e propri delle forze armate, che 
celebrano il coraggio e la volontà dei suoi membri, a canzoni puramente artistiche e tipicamente di denuncia sociale.

GENERALE
La celebre canzone, pubblicata nel 1978, è un inno contro la guerra del cantautore Francesco De Gregori.
Egli riesce a raccontare un evento tanto terribile e tragico in un modo quasi dolce, ma riprendendo comunque tematiche importanti e delicate, rendendo la canzone uno specchio di ciò che i soldati vivono. 
La separazione delle famiglie, con una contadina che ancora aspetta il ritorno dei cinque figli partiti in guerra; la voglia di tornare a casa dei soldati, su un treno che non si ferma mai;
la paura e le ferite che la guerra lascia ai soldati, nel corpo e nell’animo, con le lacrime che solcano il viso e numerosi compagni persi; la speranza che ogni guerra si interrompa.
Queste le tematiche della canzone, che riferita alla Prima Guerra Mondiale, “la notte crucca e assassina”, rimane oggi una canzone attuale ed un inno universale contro ogni conflitto.

LA GUERRA DI PIERO
Un'altra canzone che parla della guerra e dei militari che l'hanno vissuta con coraggio, ma non senza sacrificio è “La guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè. Anche questa, riferendosi alla Seconda Guerra Mondiale e alle gesta della resistenza partigiana, è un esempio attuale dell’effetto che le guerre hanno sui soldati, spesso giovani che si interfacciano con gli orrori del mondo e portandoli con sé fino alla morte, che spesso arriva prima del dovuto. La canzone infatti rifiuta l'esaltazione dell'eroismo militare e si concentra invece sulla sofferenza universale del soldato, che non è più un eroe ma una vittima innocente. 

SIGNOR TENENTE
La canzone scritta dal cantautore, scrittore e comico Giorgio Faletti è un’aperta critica alle condizioni lavorative delle forze armate italiane, che siano quelle che fanno i lavori più “banali” e di routine, o quelle che sono composte da ragazzi che vengono ammazzati da bombe e proiettili.
Si esprime la voce di un ragazzo che si fà rappresentante di tutti quei giovani che nella polizia o nell’esercito mettono a rischio la propria vita per servire il proprio paese, per poi fronteggiare un sistema che gli fa sentire il loro lavoro soffocante, che li sottopaga e che li butta via come stracci.
Questa denuncia cerca di smuovere le volontà dei politici a far cambiare le situazione attuale, che potrebbe scoraggiare eventuali giovani ad entrare nelle forze armate.

BELLA CIAO
La canzone, pur non riferendosi direttamente alle forze armate italiane, è conosciuta come l’inno partigiano nato in Italia per contrastare il fascismo.
Il 4 novembre per definizione celebra la Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, che, con la loro dedizione e il loro contributo, hanno consentito all'Italia di divenire uno Stato unito, libero e democratico. 
Non si può quindi ignorare che la resistenza partigiana pur non essendo un esercito ufficiale non abbia portato ad una liberazione del nostro paese, e dunque escludere il loro inno.
Questo dà voce ai partigiani e ne racconta in breve la volontà di liberare la propria patria, la dedizione e il coraggio, pronti anche alla morte per poter dare a chi verrà la libertà per cui hanno combattuto.

INNO AL MILITE IGNOTO
Il milite ignoto, figura conosciuta e sconosciuta allo stesso tempo, è stato un soldato non identificato, morto in battaglia durante la Prima Guerra Mondiale; venne scelto per rappresentare la morte di molti altri, anch’essi diventati nessuno, la loro identità strappata da un conflitto con voluto certo da loro.
Esistono molte canzoni su questo milite ignoto, da inni musicali, a canzoni tradizionali e più moderne.
Il cantautore Claudio Lolli ne fa una canzone nel 1975, in cui immagina un ragazzo chiamato alle armi per combattere una guerra non sua, così che pochi uomini potessero avere una terra dove ne erano morti tanti. E solo uno tra tutti questi viene ricordato nella storia, senza avere nemmeno più un nome, per portare con sé tutti gli altri che hanno avuto la sua stessa sorte.
Più recente invece è la canzone di Tiziano Ferro pubblicata quest’anno, nell’ottobre 2025, che si concentra sulla perdita di identità del soldato, messo “in mostra” ma senza sapere nemmeno la sua storia. Esprime come nella società moderna ormai non si presti neppure più attenzione al passato, che ha portato tante persone ad avere il suo stesso destino, parlandone occasionalmente solo nelle giornate per onorarli, ma poi dimenticandosene subito dopo, facendoli morire una seconda volta.

LA LEGGENDA DEL PIAVE


“La leggenda del Piave” è un inno patriottico italiano scritto da E.A. Mario nel 1918, durante la Prima Guerra Mondiale. La canzone nacque in un momento cruciale del conflitto, quando l'Italia stava affrontando una delle prove più difficili della sua storia. L'invasione austro-ungarica aveva portato a una situazione di grande tensione e incertezza, ma la resistenza italiana lungo il fiume Piave rappresentò un punto di svolta.
La melodia e il testo della canzone catturano l'essenza di quel momento storico, evocando sentimenti di patriottismo, sacrificio e determinazione. Il compositore, riuscì a creare un brano che non solo rifletteva lo spirito del tempo, ma che anche ispirava e univa gli italiani nella lotta per la libertà e l'indipendenza.
Nel dopoguerra, “La leggenda del Piave” divenne un simbolo dell'identità italiana e un tributo ai caduti della Grande Guerra. La canzone è stata eseguita innumerevoli volte in occasioni ufficiali e cerimonie commemorative, e continua ad essere un importante elemento della cultura e della storia italiana.

Lotta alla Violenza contro le donne, la testimonianza di Francesca Marrazzo nell’auditorium Del Prete–Falcone

di Francesca Albano, Giuseppe Frascella, Sofia Dell’Aglio Il 24 novembre, nella sede centrale dell’IISS Del Prete-Falcone, alcune classi han...