Pubblicazione nata nel 2025 con il progetto POC "Curiamo le nostre scelte"-

Pubblicazione nata nel 2025 con il progetto POC "Curiamo le nostre scelte" ESPERTO: Prof. Lorenzo RUGGIERO TUTOR: Prof. Alessandro DISTRADIS

sabato 1 novembre 2025

La voce dei giovani sulle relazioni tossiche

di Zoe Polimeno, Sofia Dell’Aglio


“Ci sono donne che hanno ritrovato la luce, e l’hanno trattenuta per esprimerla nel lavoro, con la famiglia, gli amici, e nelle passioni.” 
Queste le parole della giornalista e criminologa Silvia Morrone durante l'incontro in videoconferenza, che si è tenuto nella sede dell’IISS “Del Prete – Falcone” di Sava.
L’evento ha fornito spunti di riflessione e l’occasione di condividere i propri pensieri sul tema delle relazioni disfunzionali e della violenza di genere, che si insinuano nella società e influenzano soprattutto i giovani, inesperti e pertanto incapaci di riconoscere e agire di conseguenza alle difficili situazioni con le quali si interfacciano. 
La scuola, in quanto istituzione, si impegna costantemente ad informare i suoi studenti su temi sensibili come questo.
Il confronto dinamico tra la giornalista e i presenti - ragazzi, docenti e ospiti - dopo una prima introduzione all'argomento, è stato inaugurato da una domanda della giornalista agli studenti sul primo punto da analizzare: il controllo nelle relazioni interpersonali, e soprattutto sentimentali.

“Qual è l’opinione dei giovani sulla pratica del controllo del cellulare in una relazione?”
A rompere il ghiaccio l’alunna della classe 3^A Cmb, Zoe Polimeno, che esordisce: “Il controllo del telefono in una relazione romantica, che alla fine romantica tanto non è, è una pratica tossica e un’invasione della privacy dell’altro, scaturita dall’insicurezza e rattoppata dal controllo. Mette in soggezione il partner che ne è vittima, sentendosi limitato, anche dal punto di vista sociale, con amici, familiari e a lavoro”.
Opinione in seguito condivisa dalla relatrice e che ha stimolato un secondo intervento da parte di Andrea Pesare della classe 4^B Lsa. 




“Penso che questo controllo non si presenti in una relazione sana. In una relazione dovrebbe esserci un “io”, un “tu” e un “noi”, dove nessuno dei tre sovrasta o condiziona l’altro, bensì coesiste. Con l’assenza di anche uno solo di questi elementi non si può più parlare di relazione, ma di tossicità”.
I rapporti disfunzionali con tutti i loro segnali, più o meno evidenti, sono spesso sotto gli occhi di tutti e oggetto di commenti e pareri spropositati. Tra questi un esempio è la colpevolizzazione della vittima del controllo, che a volte può apparire compiaciuta.
Da qui, la domanda della relatrice: “Perchè piace il controllo?”
A rispondere a questa domanda l’alunna della 5^A Art Sofia Dell’Aglio: “Non credo sia corretto parlare di piacere nell’ambito di un controllo forzato, ma di bisogno indotto. È assimilato dalla vittima in ambito di necessità, per assicurare la tranquillità del partner e del rapporto. Questo bisogno, poi, è una risposta alla necessità di validazione esterna dell’individuo, che viene indotto a dubitare di sé stesso."


Sul tema delle relazioni disfunzionali sono tanti gli interrogativi e poche le risposte, ma forse ancora meno è l'attenzione posta ai resoconti che i fatti già accaduti ci forniscono e dal quale dovremmo imparare.
All’attenzione dei presenti la giornalista ha posto un altro cliché: una donna, presente in una relazione nella quale ha subito violenza psicologica, lasciata dal compagno, ricade in una relazione tossica, questa volta subendo violenza fisica: “Perché si ricade in una relazione tossica dopo averne già vissuta una?”
A rispondere è l’alunna Nicole Cardia della classe 4^A Ssas, la quale afferma: “Può essere che la donna, accecata dell’amore verso il partner, non riconosca inizialmente la sua tossicità, e che non riesca ad allontanarsene in seguito, magari per paura o pensando che quella sia la normalità”.
Al seguito di questo intervento, la relatrice ha replicato che la causa è la mancanza di strumenti per riconoscere l’entità del rapporto e agire di conseguenza, mal interpretando i segnali. Non si è quindi autorizzati a colpevolizzare chi ricade in errore.
In seguito, trattando la pratica della manipolazione, altra caratteristica tristemente ricorrente quando si parla di relazioni disfunzionali, la relatrice ha presentato il concetto di “pensiero”, “parola” e “suono” come strumenti di manipolazione, chiedendo agli studenti quale dei tre ritenessero più importante.
Ad intervenire, nuovamente, è stata Zoe Polimeno: “Penso che il suono sia, tra i tre, il più importante, poiché è quello che maggiormente trasmette l’emozione voluta, che al variare del tipo di relazione e di manipolazione può intimorire o creare un senso di falsa rassicurazione. E’ l’unione dei tre, però, che crea la manipolazione vera e propria”.
D’accordo sulla complementarità dei tre nella funzione manipolativa, la relatrice ha affermato che è il fine a fare la differenza nell’uso, in cui il pensiero è la volontà, e parola e suono utilizzati ne sono il mezzo.
Tema ricorrente durante l'incontro è proprio quello degli strumenti, quella che la dottoressa Morrone ha chiamato “cassetta degli attrezzi”: è necessaria per riconoscere e reagire alle situazioni potenzialmente pericolose in ambito relazionale prima che lo diventino. 
Diversi, tra docenti e ospiti, sono intervenuti a riguardo per saperne di più. Tra le domande: “Come dovrebbero ottenere questi strumenti, i giovani? Dovrebbe forse la scuola essere il luogo in cui insegnare l'educazione sentimentale per salvaguardare i giovani da spiacevoli relazioni, così come l'educazione civica, già presente, provvede a formarli civicamente?”
Sicuramente la scuola dovrebbe avere un ruolo decisivo - la risposta della giornalista - ma per il momento l’educazione sentimentale rimane un'idea.
L’interesse e la partecipazione degli studenti nel trattare il tema fa ben sperare. Sarà questa nuova generazione, più sensibile e sveglia, a porre fine all'incubo della violenza di genere?








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