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Pubblicazione nata nel 2025 con il progetto POC "Curiamo le nostre scelte" ESPERTO: Prof. Lorenzo RUGGIERO TUTOR: Prof. Alessandro DISTRADIS

martedì 18 novembre 2025

Il Paese del “come stai?”: la gentilezza è ancora di casa? Siamo ancora il popolo del sorriso e dell’abbraccio facile, oppure la fretta e l’indifferenza ci hanno rubato la gentilezza?

di Rebecca Chianura

In occasione della “Giornata mondiale della Gentilezza”, una ricerca intitolata “The State of Kindness in Europe”, condotta da Sanrio (azienda giapponese creatrice di Hello Kitty) insieme all’Istituto YouGov e diffusa dall’ Ansa, ha messo in discussione un vecchio mito: quello degli italiani come popolo più socievole d’Europa. 
Secondo lo studio, la Spagna è oggi la più gentile (76%), seguita da Regno Unito (71%), Germania e Francia (70%) mentre l’Italia rimane ferma al 69%. Un piccolo scivolone d’immagine, che suona quasi come decadenza culturale per chi è cresciuto a pane, caffè e cordialità. Eppure, dietro questo dato, c’è un’Italia che continua a credere nel valore dei gesti buoni. Il 95% degli italiani collega la gentilezza a emozioni positive: per molti è un “effetto carezza” una metafora del calore che nasce dal fare qualcosa di bello per gli altri. Il 49% dice che essere gentili migliora l’umore, il 35% prova calma e il 34% gratitudine. Lo studio mostra che la nostra gentilezza ha una voce fatta di empatia, ascolto e presenza. Gli italiani amano fare complimenti (55%), offrire supporto (54%) e chiedere “Come stai?” (53%), un piccolo neologismo emotivo diventato simbolo del nostro modo di voler bene e fare del bene nelle vite altrui. Le donne, in particolare, spiccano per sensibilità: il 64% sostiene gli altri con parole, abbracci o semplici gesti di conforto.
Nata in Giappone nel 1988 con il Japan Small Kindness Movement e resa ufficiale nel 1997 dal World Kindness Movement, la “Giornata Mondiale della Gentilezza” ha come obiettivo ricordare il potere trasformativo dei gesti positivi. Quest’anno, come riportano l’Adnkronos e l’AGI, è stato anche proposto da Natalia Re, presidente del Movimento Italiano della Gentilezza, il Kindness Act. Si tratta di una legge che mira al riconoscimento della gentilezza come XIII BES, gli indicatori identificati dall’Istat che includono valutazioni sociali, culturali e ambientali, con l’obiettivo di costruire una società che comprenda che la gentilezza è un atto politico che non appartiene alla sfera del privato, ma al campo della responsabilità pubblica e si tratta di un dovere pubblico prima che morale. Inoltre, come parte integrante della proposta, è stata sviluppata anche una Carta dei Sei Valori della Gentilezza composta da sei principi fondamentali: rispetto, ascolto, solidarietà, equità, pazienza e generosità. 
Eppure tra le righe di questi numeri resta una domanda che nessuna statistica potrà mai misurare: si può davvero contare la gentilezza?
Perché la gentilezza non è solo un gesto, ma un modo di abitare il mondo. È la scelta di rallentare anche quando tutto corre, guardare negli occhi chi abbiamo davanti, chiedergli “come stai?” e voler davvero sapere la risposta. È una forma di coraggio silenzioso, quello di chi decide di non diventare freddo anche se tutto intorno lo spinge a esserlo.
Forse non siamo più i primi in classifica, ma finché in Italia continuerà a esistere qualcuno che si preoccupa del bene del prossimo con sincerità, la gentilezza non morirà mai. O forse la vera domanda è un’altra: serve davvero una legge per ricordarci come essere umani o dovremmo solo tornare ad ascoltare un po’ di più come facevano le nostre nonne, con un sorriso e una tazza di caffè?

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