di Rebecca Chianura
La danza non ha bisogno di parole per parlare: bastano i gesti, il respiro, il corpo che trema per raccontare storie che fanno male.
Negli ultimi anni, molte scuole e compagnie hanno deciso di dedicare coreografie in merito al tema del femminicidio e la violenza di genere, che ogni giorno è sempre più dibattuto, trasformando teatri e palcoscenici in spazi di denuncia e riflessione.
I generi prediletti sono contemporaneo e moderno, per la loro capacità di esprimere emozioni profonde attraverso i movimenti fluidi del corpo. Non mancano però contaminazioni, ad esempio con la danza classica, a dimostrare che ogni linguaggio e ogni stile può muoversi in segno di protesta.
É necessario, quindi, che il pubblico riesca a cogliere questi segnali attraverso il linguaggio del corpo anche quando non se ne parla abbastanza.
Ad esempio, “Amici” di Maria De Filippi, programma seguito da numerosi giovani ragazzi e ragazze”, è stato criticato per non aver trattato temi così importanti.
Tuttavia, sono state eseguite delle coreografie, seppur poco discusse, che hanno trattato scene forti. Shaila, una ballerina concorrente del programma, racconta in 2 minuti e mezzo attraverso le note de “Gli uomini non cambiano” di Mia Martini, una scena di violenza di gruppo ai danni di una donna.
Giulia Stabile ed Elena D’Amario ad “Amici 22” hanno ballato per tutte le donne iraniane.
Un bellissimo messaggio che le due ballerine professioniste hanno lanciato nel contesto delle proteste per i diritti civili e umani, che a causa delle violenze di genere vengono a mancare: "Donna, vita, libertà".
Uscendo dai contesti televisivi, possiamo trovare, ad esempio, un omaggio a Giulia Cecchettin, la giovane ragazza italiana uccisa dal suo ex fidanzato, che ha tenuto col fiato sospeso tutta Italia. Giulia ha studiato danza per molti anni e tempo fa la sua insegnante di danza, Monia Masiero, ha chiesto al pianista e compositore Massimiliano Greco di scrivere un pezzo dedicato a Giulia. Il pezzo è stato composto ed è stata creata una coreografia in suo ricordo. L’intento di questo progetto è che per alcuni minuti un pezzo musicale ed una coreografia si tramutino in una voce immensa, che parla al mondo di bellezza, arte e cultura, una voce alta e profonda che sotterra con forza incredibile la vergogna e l’orrore di tutti i femminicidi che purtroppo infestano il nostro pianeta. Dietro ogni passo, ogni caduta o sguardo rivolto al vuoto il messaggio è chiaro: ricordare chi non c’è più e dire basta alla violenza. La danza diventa così una forma di resilienza silenziosa, capace di smuovere coscienze più di mille parole. Perché anche senza voce, la danza può gridare.


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